Mal dell’esca, ecco come limitarlo con tecniche innovative di potatura della vite

Far vivere la vite più a lungo possibile per migliorare la qualità del prodotto ottimizzando la produzione. E farlo riscoprendo l’arte della potatura, un sapere antico che è stato spesso dimenticato.

È stato questo il cuore della “Giornata formativa/dimostrativa sulle tecniche innovative di potatura della vite, per limitare il mal dell’esca” organizzata dal Servizio Fitosanitario della Regione Umbria venerdì 6 dicembre.
Ospiti della cantina Lungarotti di Torgiano, una cinquantina di viticoltori umbri hanno assistito alla spiegazione teorica e a una dimostrazione in vigna tenuta dal perito agrario Denis Cociancig della società Simonit&Sirch

“Lo scopo di questo corso – ha spiegato Cociancig – è sensibilizzare il viticoltore alla gestione ottimale della vite. L’obiettivo deve essere una pianta longeva. La vigna vecchia fa sempre un buon prodotto”

Catturare l’essenza unica di quel territorio è necessario. La potatura è un elemento cardine di questo processo perché determina il raccolto e la qualità. Ma deve essere fatta bene, altrimenti si creano danni. E quando si creano danni la longevità della pianta è a rischio. La produzione cala”.

In particolare Cociancig ha messo l’attenzione sul cosiddetto mal dell’esca, probabilmente la più grave e diffusa malattia che colpisce le vigne di tutto il mondo, e in particolar modo quelle europee. La malattia è dovuta a un complesso di funghi che soffocano la pianta fino a farla morire nel corso di qualche anno o limitando fortemente la produzione di gemme e grappoli.

Le cause della malattia possono essere molteplici.

Dalla reazione della pianta a un taglio mal fatto fino a una primavera molto piovosa, dall’infittimento dei fusti fino alla ricerca di cloni sempre più performanti ma sempre meno resistenti. Secondo Cociancig, che basa le sue teorie su anni di ricerche empiriche, debellare la malattia è impossibile. Non è facile controllarla clinicamente e anche interventi chimici sono sconsigliabili. Ci si può convivere, però. E lo si può fare affinando le tecniche di potatura.

Il metodo Simonit&Sirch si basa su quattro regole che possono essere adattate a tutte le forme di allevamento della vite.

La prima si basa sulla ramificazione controllata. Per dare una forma riconoscibile alla struttura della pianta, il potatore la fa crescere nello spazio (centimetri/anno) con lo sviluppo di ramificazioni controllate ed evitando di “riportare indietro” i punti vegetativi.  Il secondo principio del metodo Simonit&Sirch è basato sulla continuità del flusso linfatico che attraversa la struttura della pianta, organo di comunicazione tra radici e chioma.

Il terzo principio prevede tagli di piccole dimensioni, a carico di legni di uno o due anni di età. Intervenendo in questo modo si riduce la superficie di taglio e il conseguente disseccamento interno sarà poco esteso e localizzato. Il quarto e ultimo è il cosiddetto legno di rispetto. Quando si pota legno di due anni di età, si avrà cura di lasciare una porzione di legno di rispetto.
Tale espediente permette di allontanare dal flusso principale della linfa la zona del disseccamento conseguente al taglio.

Una buona potatura spesso però non basta.

“Da un po’ di anni a questa parte – ha detto ancora Cociancig – abbiamo utilizzato la tecnica della dendrochirurgia.

Non l’abbiamo inventata noi. Era una tecnica messa a punto a fine ottocento nel Cognac con risultati di oltre il 90-95% di piante risanate. Noi l’abbiamo riadattata all’epoca moderna”. Questa tecnica letteralmente “chirurgica” evita che le piante ammalate siano estirpate e sostituite, ma piuttosto vengano curate e riprendano a produrre nel giro di due anni come in origine. 
“La pianta risanata – ha concluso Cociancig – ti permette di mantenere la produzione e le radici sono quelle della pianta originale. Estirpando la pianta malata la vite perde per anni la produzione e senza la garanzia di tornare alla produzione originaria”.